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“Alla FAO per una Nuova Idea di Mondo : diario del Congresso Nazionale Slow Food 2025”

  • Immagine del redattore: Mauro Avyno
    Mauro Avyno
  • 15 lug
  • Tempo di lettura: 6 min

I delegati Pierluigi D'Apuzzo e Mauro Avino, Condotta Slow Food Costiera Sorrentina e Capri

i delegati all'ingresso del palazzo FAO (Food and Agricolture Organization) - Roma
i delegati all'ingresso del palazzo FAO (Food and Agricolture Organization) - Roma

Venerdì 11 luglio - il momento in cui varchiamo i metal detector dei controlli di sicurezza della FAO, venerdì 11 luglio alle 13 in punto, come delegati, sentiamo che questo Congresso sarà diverso dai precedenti. È emozionante addentrarsi nei corridoi e nei saloni del grande palazzo in stile razionalista ricco di sculture e fotografie progettato negli anni '30 del secolo scorso ed ultimato nel 1952.

La sala del terzo piano riservata a noi, così grande, con le bandiere esposte di tutti i paesi del mondo, le comode postazioni dotate di tutto punto, di piccoli monitor e cuffie per le traduzioni simultanee, risponde a tutte le nostre migliori aspettative. Dopo gli scambi, i saluti e gli abbracci in una sala festosa per il piacere del rincontro, Gabriele Milani, contadino e presidente di Slow Food Lazio, apre i lavori citando Nelson Mandela con la forza dell'educazione che cambia il mondo.

«Il cibo non può essere usato come strumento di coercizione e genocidio» - subito a seguire il minuto di silenzio per le guerre in atto nel mondo, voluto dalla presidente Barbara Nappini, riconfermata alla guida di Slow Food Italia. Questo sarà il leit motiv di tutto il congresso, mai come oggi emerso in modo così prepotente.


Segue il giovane contadino ugandese Edie Mukiibi presidente internazionale di Slow Food, ricorda che «le frontiere non possono tagliare il sorgo a metà» e che «dobbiamo prenderci cura anche di coloro che sono oltre i nostri confini, questa è l'intelligenza affettiva», definisce la rete degli orti «resistenza silenziosa» alle ideologie sovraniste.


Il ministro Francesco Lollobrigida difende le Indicazioni Geografiche come «baluardo culturale, non protezionismo» e il vice-dg FAO Maurizio Martina avverte: «L’Occidente non è più il centro del mondo; la riscoperta della questione geopolitica passa dal cibo»


Si susseguono i diversi interventi dei delegati - «Ciascuno cresce solo se è sognato» - viene citato il poeta e sociologo Danilo Dolci, vengono richiamati costantemente i grandi valori che tengono insieme il movimento, la fiducia, il coraggio, la generosità.


Ma anche appelli concreti alle tante battaglie in essere quotidianamente sui tanti territori italiani, il contrasto all'olivicoltura intensiva dal Lazio, le reti dei piccoli allevatori a latte crudo dal Trentino, il "rammendo" citato dalla Calabria come perfetta metafora dell'azione riparatoria de «i buchi lasciati lasciati nel territorio dallo spopolamento delle aree interne e di cui dobbiamo riprenderne i fili senza abbandonarli come vuole il governo».


Ancora, si va avanti con i temi del mare e del surriscaldamento del mediterraneo, causa dell'estinzione del 'mosciolo selvatico', pregiata cozza base dell'economia dei piccoli pescatori della Riviera del Conero nelle Marche, fino alle reti toscane degli Orti in Condotta vere e proprie comunità di apprendimento dei territori e per chiudere la proposta Campana del "Reddito di contadinanza" esposta da Patrizia Spigno ed ispirata al libro di Famiano Crucianelli «per invertire una PAC che versa l’80 % dei fondi al 20 % delle aziende».


La giornata del venerdì si conclude con l'intervento visionario del professore Stefano Bartolini, economista della felicità, dimostra con una bella storia su due cittadine, Collaborandia e Privatopoli, che la condivisione non inquina e rende felici più del possesso.

Carlo Petrini fondatore di Slow Food
Carlo Petrini fondatore di Slow Food

Sabato 12 luglio - vede gli interventi quelli più attesi, in cima a tutti quello del nostro Carlo Petrini: «La felicità di chi lotta con passione è la misura della nostra credibilità», ripete con voce morbida, mettendo in fila i due pilastri che ci accompagneranno per tutto il congresso: intelligenza affettiva e austera anarchia - «queste ci permetteranno di essere uniti nella diversità, perché è questa il vero potere per incidere nella realtà, con forza e vivacità». Attorno a queste parole si saldano i progetti più significativi, alcuni portati avanti direttamente dagli studenti dell'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo: la scuola elementare gastronomica a Beit Sahour, i 200 orti in Africa che danno da mangiare a 200.000 persone, la scelta di «un’altra idea di mondo» che vuole uscire «da una logica basata sul profitto per dirigersi verso un modello di società incardinata sulla vita e sulla sua diversità», non bisogna mai fermarsi, perchè - cita - come dice un detto piemontese «il poco è poco, ma il nulla è troppo poco».

La sala esplode in una calorosissima standing ovation, un sentito tributo al fondatore di uno dei movimenti più rivoluzionari e gentili presente oggi in tutti i paesi del mondo.


Luciana Castellino ed il fisico Gaetano Giunta continuano a far sognare la platea.

«Il mestiere del contadino è più moderno di fare l’astronauta» esordisce Luciana. Le democrazie ormai sono così privatizzate e delocalizzate che i territori sono gli unici avamposti dove difenderle ed è proprio qui che si deve operare la ricucitura con la terra, tra la città cioè e la campagna.


Continua Giunta : «I poteri finanziari sono diventati globali ed hanno gambe più lunghe delle nostre democrazie. Riforma e rivoluzione sono termini ottocenteschi, oggi ciò che invece ci è consentito è la metamorfosi, usiamola per adattarci al pianeta, gestendo i nostri limiti e rigenerando i saperi portatici via dalla iperspecializzazione». Parla di finanza etica, di redistribuzione, ma soprattutto di tempo — il vero capitale che la speculazione ci sottrae. «Ci incamminiamo verso un futuro distopico, dobbiamo avere nei nostri occhi una 'eutopia'»


Gli altri passaggi che portiamo a casa


Ancora tanti interventi e tante testimonianze dai territori, tra questi quelli che ci hanno colpito in particolare:

  • Rita Salvatore (Abruzzo) ridisegna il turismo: «Slow Food Travel sta al turismo come Slow Food sta al McDonald’s», tocca i temi dell'ospitalità dimensione sacra e dimenticata dal consumismo del territorio. «L’ospite deve rigenerare il territorio, non consumarlo»

  • Giorgio Bonacini dal'Emila Romagna chiede che la prossima riforma agraria venga scritta «con chi ara i campi, non con chi compila i fogli excel».

  • Dalla Calabria Francesco Biacca parla di Ciminà come «ribellione culturale» allo spopolamento.

  • dal Veneto Patrizia Loiola denuncia i vigneti saturi di chimica

  • dal Molise Loredana Pietroniro teme che le rinnovabili diventino land-grabbing rurale.


L’IA entra nel Documento di Roma


È qui che il diario di viaggio si intreccia con il nostro contributo preparato per l’assemblea, intitolato Slow Food: il suolo come orologio della lentezza umana.


Nelle pagine consegnate al tavolo di presidenza si sosteneva che «difendere la lentezza significa prendersi cura dei due nutrimenti primari dell’uomo: cibo e informazioni», ricordando come l’attuale tempesta di notifiche ci rubi il “tempo fisiologico per stupirci e indignarci” . Da quella riflessione scaturivano due proposte molto concrete: raddoppiare gli orti didattici entro il 2027, affiancandoli a esercizi di lettura lenta, e redigere entro il 2026 un position paper sull’intelligenza artificiale che obblighi la tecnologia a “saltare un giro” quando l’etica non la segue.


Un tema così apparentemente distante, grazie anche ad altri contributi come quello di Piero Sardo, ha trovato spazio nelle revisioni finali del Documento di Roma licenziato dal Congresso, le linee cioè tracciate del cammino dei prossimi dieci anni di Slow Food.


Nella bozza votata la sera del 12 luglio compaiono i precisi riferimenti all'AI, come futura domanda sulla quale riflettere profondamente, inoltre il paragrafo dedicato all'impegno di Slow Food di custodire la memoria e i processi cognitivi lenti come fa con i Presìdi e i semi autoctoni. È l’esatta sintesi delle nostre preoccupazioni: siamo esseri cronometrici prima che cronologici, tarati su albe e tramonti, non su refresh infiniti.


Intanto il nuovo direttivo nazionale di Slow Food Italia è stato votato!


il nuovo direttivo nazionale di Slow Food Italia
il nuovo direttivo nazionale di Slow Food Italia

La nostra cartolina di ritorno


Torniamo in Costiera con il badge FAO ancora al collo e una convinzione nuova: lentezza non è ritardo, è competenza. Lo ripetiamo mentre scendiamo verso il marciapiede del taxi con le valigie cariche di brochure e il testo definitivo del Documento di Roma.


Se serve, di saltare un giro di algoritmi, in quelle pause si annida la stessa dignità del terreno lasciato a maggese: uno spazio di cura che restituisce fertilità.


La prossima riunione di Condotta comincerà da qui: raddoppiare i nostri orti didattici, organizzare laboratori di lettura lenta e, perché no, convocare un tavolo per discutere di IA con insegnanti e pescatori. Perché il suolo — lo abbiamo scritto e detto a Roma — è il nostro metronomo naturale. E noi vogliamo continuare a danzare al suo tempo, sotto il sole che sorge tra Capri e le Sirenuse, un passo dietro l’altro, abbastanza lento da non perdere il fiato, abbastanza ostinato da cambiare davvero il mondo.


Staff di Slow Food Italia
Staff di Slow Food Italia

 
 
 

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